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L’archiviazione elettronica è una metodologia di conservazione di uno o più file su un qualsiasi supporto informatico, tra questi troviamo:
- desktop;
- notebook;
- table;
- smartphone;
- hard disk esterni;
- NAS;
- server o cloud;
- chiavette USB;
- servizi di archiviazione in cloud come: Google Drive; Mega, One Drive, etc.;
L’archiviazione elettronica viene spesso confusa con la conservazione sostitutiva a norma che è una procedura regolamentata dal Legislatore che deve rispettare determinate caratteristiche organizzative, funzionali e tecniche e che deve essere effettuata da un soggetto che sia pubblicamente accreditato e certificato.
Storia dei supporti per l’archiviazione
Qui di seguito facciamo una veloce panoramica sull’evoluzione dei supporti per l’archiviazione digitale
Data l’enorme quantità di informazioni storiche, difficilmente da raccogliere e catalogare per anno di creazione e sviluppo mettiamo un veloce elenco a partire dai primi 1900.
SCHEDE PREFORATE
Intorno al 1940 furono sviluppate delle schede preforate utilizzate per i primi calcolatori elettromeccanici; queste schede permettevano di salvare i dati dell’ultima sessione di lavoro (vedi la macchina di Turing).
Queste schede erano di cartone e venivano forate, la posizione dei fori segnalava al calcolatore la presenza di un dato.
Nel 1950 il foglio forato fu sostituito dal nastro magnetico (mastro in materiale plastico ricoperto da ossido magnetico) ed aveva la capacità di circa 2000 schede forate, quindi 128 caratteri per pollice per bobine lunghe dai 2.400 piedi ai 4.800 piedi con una velocità di trasmissione dei dati pari a 12.800 caratteri al secondo (velocità lineare era di 100 pollici al secondo).
HARD-DISK
Poco prima del 1960 fu introdotto sul mercato l’hard-disk (disco rigido). Erano dei supporti a forma di disco ricoperti di materiale magnetico e venivano fatti girare a grande velocità (la velocità di un HD ad oggi è un elemento determinante per valutare la velocità di un device). A differenza del nastro l’HD permetteva una non sequenzialità per il salvataggio dei dati e la capacità del prototipo con 50 dischi era pari a 5Mb (paragonabile a 23 nastri magnetici) per 24 pollici di diametro (60 centimetri circa).
FLOPPY DISK
Agli inizi del 1970 vennero lanciati sul mercato i floppy disk (mix materiale plastico e magnetico) ed erano meno performanti rispetto al HD. I primi supporti contenevano solo 80 Kb e negli anni furono evoluti fino a contenere 120 Mb (poco diffusi per l’elevato costo di produzione ed utilizzo per le macchine di allora). Il formato nativo era di 8 pollici (20 cm) poi lo sviluppo di questo supporto si fermò alla dimensione minima di 3½ pollici.
CD-ROM
Il 1990 fu l’era dei CD-ROM (compact disk ready only memory), i primi contenevano poco meno di 700 MB (paragonabile a 486 floppy disk da 1,44 Mb).
I CD-ROM non durarono molto ma furono gli artefici dello loro stesso sviluppo e dopo circa 5 anni furono introdotti i DVD (digital versatile disc) e i primi modelli poteva contenere dati per 4,7 Gb (paragonabile a circa 7 CD-ROM). Sia i CD-ROM che i DVD ebbero una parentesi di riutilizzo, i primi modelli non si potevano riscrivere (la riscrittura del supporto non era illimitata ed ad ogni ciclo ci perdevano dei cluster). Gli ultimi DVD sul mercato avevano una capacità di 25 GB distribuita sui due lato ed era molto costosa la loro produzione.
DVD
L’era dei DVD durò circa 10 anni e si accavallo con l’arrivo della prima chiavetta USB che poteva contenere poco meno di 8 Gb. Grazie alla loro versatilità, perchè plug and play, si diffusero subito. Le attuali chiavette USB permettono una capacità di memorizzazione paragonabile a 140 DVD (2 Tb), anche le chiavette USB hanno un ciclo di vita limitato al numero di operazioni che ad oggi si aggirano sui 10Mln.
Le chiavette USB sfruttano le memory flash con interfaccia USB.
CLOUD STORAGE
Ecco arrivati, in modo veloce, ad oggi: il cloud. Essi non sono altro che computer adibiti solo alla conservazione dei dati messi a disposizione nella rete web. A differenza dei supporti fisici che incidono sulle spese operative l’uso del cloud incide sulle spese dei servizi.
La capacità del cloud dipende dal fornitore del servizio.
L’acconto IVA è un versamento parziale dell’IVA che alcune partite IVA sono obbligate a fare entro la fine di ogni anno o su base mensile o su base trimestrale, sono esclusi dal versamento i regimi agevolati e dei minimi.
Metodi di calcolo dell’acconto IVA
L’acconto IVA viene calcolata con i seguenti metodi:
- Storico;
- Previsionale;
- Analitico.
STORICO
L’acconto IVA equivale al 88% del versamento effettuato o che avrebbe dovuto essere effettuato per il mese o il trimestre dell’anno precedente.
Per i contribuenti il versamento di base per il calcolo deve essere al lordo dell’acconto sul dovuto è pari al debito d’imposta risultante:
- mensili dalla liquidazione periodica relativa al mese di dicembre dell’anno precedente;
- trimestrali ordinari dalla dichiarazione annuale IVA;
- trimestrali speciali (ad esempio gli autotrasportatori, i distributori di carburante, le imprese di somministrazione acqua, gas, energia elettrica) alla liquidazione periodica del quarto trimestre dell’anno precedente.
PREVISIONALE
L’acconto IVA viene stimato sulla base delle operazioni che si prevedono di effettuare fino al 31/12.
In questo caso l’acconto è pari all’88% dell’IVA che si prevede di dover versare:
- per il mese di dicembre (contribuenti mensili);
- in sede di dichiarazione annuale IVA (contribuenti trimestrali ordinari);
- per il quarto trimestre (contribuenti trimestrali speciali).
Per rendere tra di loro omogenei il metodo storico con quello previsionale,
occorre considerare il dato previsionale al netto dell’eventuale eccedenza detraibile riportata dal mese o dal trimestre precedente per omogeneizzare il metodo storico con il previsionale.
ANALITICO
L’acconto IVA viene calcolato sulla basa delle operazioni effettuate fino al 20/12.
L’acconto IVA è pari al 100% dell’importo risultante dalla liquidazione che tiene conto dell’IVA relativa alle seguenti operazioni:
- operazioni annotate nel registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi):
- dal 1/12 al 20/12 per i contribuenti mensili);
- dal 1/10 al 20/12 per i contribuenti trimestrali;
- operazioni effettuate ma non registrate o fatturate dal 1/11 al 20/12;
- operazioni annotate nel registro delle fatture degli acquisti:
- dal 1/12 al 20/12 per i contribuenti mensili;
- dal 1/10 al 20/12 per i contribuenti trimestrali.
Chi versa l’acconto IVA
Sono obbligati al pagamento tutti i contribuenti IVA ad esclusione dei soggetti non obbligati a effettuare le liquidazione periodiche sull’IVA (mensili o trimestrali).
Oltre agli esonerati prima citati sono esclusi anche quelli che non dispongono dei seguenti dati per il calcolo dell’acconto per i metodi:
- storico;
- previsionale.
Per i metodi storico e previsionale possono essere escluse:
- le attività chiuse anche nel caso sia deceduto il titolare:
- entro il 30/11 su base mensile;
- entro il 30/09 su base trimestrale;
- chi ha chiuso il periodo d’imposta a credito (imposta);
- chi ha effettuato il versamento dell’ultimo mese dell’anno o trimestre dello stesso per il periodo d’imposta;
- quelli che in sede di dichiarazione annuale per il periodo d’imposta precedente fanno una previsione di chiusura contabile dell’IVA con un’eccedenza detraibile di imposta;
- quelli che hanno un importo del dovuto inferiore a 103,29 €;
- contribuenti che hanno fatto solo operazioni nel periodo d0imposta:
- non imponibili;
- esenti;
- non soggette ad imposta;
- senza obbligo di pagamento;
- i produttori agricoli (art.34 comma 6 del DPR n. 633/1972);
- soggetti che operano:
- nello spettacolo;
- nei giochi in regime speciale;
- associazioni sportive dilettantistiche;
- associazioni senza fini di lucro;
- pro loco;
- regime forfettario;
- raccoglitori e i rivenditori di;
- rottami;
- cascami; carta da macero;
- vetri e similari;
- esonerati dagli obblighi di liquidazione;
- versamento del tributo;
- imprenditori individuali che hanno affittato l’azienda a condizione che non esercitano in altre attività soggette all’acconto IVA:
- entro il 30/09 se contribuenti trimestrali;
- entro il 30 /11 se contribuenti mensili.
Come versare l’acconto IVA
L’acconto IVA si paga utilizzando il modello F24 telematico dell’Agenzia delle Entrate: clicca qui.
È possibile compensare l’importo dovuto come acconto per eventuali crediti (imposte o contributi) disponibili del contribuente.
I contribuenti trimestrali ordinari non devono applicare la maggiorazione degli interessi dell’1% a differenza delle liquidazioni periodiche previste.
L’acconto versato deve essere sottratto all’IVA da versare:
- per il mese di dicembre per i contribuenti mensili;
- in sede di dichiarazione annuale IVA per i contribuenti trimestrali;
- dal dovuto per la liquidazione dell’ultimo trimestre i contribuenti trimestrali speciali.
Casi particolari
Esistono due casi particolari per il calcolo dell’acconto IVA:
- variazione del regime dei versamenti;
- soggetti con contabilità separate.
Variazione del regime dei versamenti
Modificando le scadenze della liquidazione tra un anno e l’altro per il metodo storico, valgono le seguenti regole i il passaggio da regime:
- mensile a trimestrale: l’acconto IVA è calcolato dalle liquidazioni dell’ultimo quadrimestre dell’anno precedente;
- trimestrale a mensile: l’acconto IVA equivale a un terzo dell’imposta versata per l’ultimo trimestre.
Soggetti con contabilità separate
Per chi ha la contabilità separata (articolo 36 del DPR n. 633/1972) deve determinare distintamente l’importo riferibile a ogni attività svolta per il calcolo delle liquidazioni dell’imposta.
L’acconto IVA è calcolato sommando i dati di ogni attività e questo procedimento permette la compensazione degli importi di debito con quelli di credito.
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L’azione finanziaria è uno strumento che certifica la proprietà di una società da parte del possessore che viene chiamato azionista.
Diritto societario
Il temine trova diverse distinzioni in base al Diritto Commerciale, al Codice Civile o al Diritto Societario.
È un titolo, che per il Diritto Commerciale, rappresentativo di una quota della proprietà di una società che può essere una società per azioni (S.p.A.) o una società in accomandita per azioni (S.a.p.A. oppure S.A.A.).
Per quanto riguarda il Codice Civile, questo prescrive che determinate società possono emetterle mentre per altre la proprietà della società possa essere rappresentata dalle azioni e da quote azionarie.
Quindi le azioni compongono il capitale sociale e questo viene registrato in bilancio come voce del patrimonio netto dello stato patrimoniale.
Se invece guardiamo al Diritto Societario il termine è stato riformato introducendo altre tipologie che non hanno gli stessi diritti delle azioni ordinarie.
La limitazione dei diritti non riguardano i diritti patrimoniali al momento di dividersi gli utili.
Ad oggi le azioni si dividono in:
- ordinarie;
- privilegiate;
- preferenziali;
- risparmio;
- voto limitato;
- correlate;
- postergate;
- godimento;
- a favore dei prestanti di lavoro.
Le azioni, come si vede dall’elenco, sono diverse ed ognuna offre diversi diritti.
1. ORDINARIE
L’azionista acquisisce un diritto patrimoniale come il diritto ai dividendo, al rimborso del capitale in caso di scioglimento della società, di opzione in caso di aumento del capitale e diritti amministrativi come il diritto di voto all’assemblea ordinaria e straordinaria.
2. PRIVILEGIATE
Sono nominative e assicurano all’azionista la precedenza nella divisione degli utili e nel rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società oltre al diritto patrimoniale sui risultati sociali in un determinato settore. Limitano il diritto di voto nelle assemblee ordinarie.
3. PREFERENZIALI
Sono come le azioni privilegiate e in più danno il diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie e possono essere vendute da società non quotate.
4. RISPARMIO (PORTATORE)
Spesse le sentiamo nominare come al portatore e sono quelle destinate ad un grande pubblico quindi ai piccoli risparmiatori che molte volte è interessato al rendimento che offrono.
L’utile, dovuto dal rendimento, per i titolari viene distribuito in una percentuale stabilita nello statuto della società pari al valore nominale delle azioni stesse.
L’azionista non ha diritto di voto nelle assemblee ma ha il diritto sui dividendi come le privilegiate
5. VOTO LIMITATO
L’azionista possessore è limitato nel suo diritto al voto rispetto alle ordinarie perché può votare solo nelle assemblee straordinarie.
Questa tipologia di azione può distinguersi in quelle senza diritto di voto, in quelle senza diritto di voto se si verificano delle condizioni di richiesta da parte del debitore e da quelle con diritto di voto limitato su particolari argomenti.
Se emesse da società non quotate in borsa, il diritto di voto dell’azionista è limitato anche senza la concessione del privilegio patrimoniale.
Nell’eventualità che sano emesse da società quotate in borsa, l’azionista acquisisce privilegi patrimoniali perché, in questa condizione, sono equiparate a quelle di risparmio o privilegiate.
6. CORRELATE
L’azionista ha diritti patrimoniali correlati ai risultati, in determinati settori, dell’attività sociale ma attenzione che non concedono al diritto sui dividendi tranne nel caso se dal bilancio complessivo della società risultano degli utili.
7. POSTERGATE
In questo caso l’azionista possessore ha deciso di investire non sugli utili ma sulle perdite future.
Per farla semplice, il loro valore non viene compromesso se non dopo che le altre azioni hanno contribuito a ridurre la perdita fino al loro annullamento.
Dalla la loro particolare natura esse non sono ammesse nelle contrattazioni di borsa e non garantiscono il voto nelle assemblee a meno che la società, nel momento di scrittura dell’atto costitutivo o della statuto, le abbia prevista.
8. GODIMENTO
L’azionista possessore le riceve per assegnazione come rimborso all’annullamento delle altre per via della riduzione del capitale sociale per esuberanza, cioè quando l’ammontare del capitale sociale reale è eccessivo rispetto all’oggetto sociale perseguito.
Nascono dalla differenza di valore tra il valore nominale e il valore reale; all’atto del rimborso ha un valore di gran lunga superiore a quello originario e per la differenza vengono attribuite queste azioni di godimento.
L’azionista acquisisce il diritto di partecipazione agli utili futuri anche se non rappresentano una quota del capitale sociale e risultano come le postergate rispetto alle altre azioni possedute dai soci.
Per le gerarchie dei dividendi sugli utili queste sono le ultime ad essere remunerate in misura all’interesse legale.
Nel caso dello scioglimento societario il diritto alla liquidazione, per un eventuale attivo residuale, sarà postergato rispetto alle altre categorie di azioni.
Agli azionisti possessori è negato il diritto di voto.
8. a FAVORE DEI PRESTATORI di LAVORO
Gli azionisti possessori sono i dipendenti della società che le ricevono attraverso un procedimento articolato.
Gli utili conseguiti vengono imputati a capitale e per l’importo corrispondente la società emette speciali categorie di azioni che vengono assegnate gratuitamente ai prestatori di lavoro.
La società può stabilire norme particolari riguardanti: la forma, le modalità di trasferimento e i diritti spettanti agli azionisti.
Contesto finanziario
In un contesto come quello dei mercati finanziari essa rappresenta una forma di investimento finanziario da parte del possessore ed è soggetto al rating valutativo.
Le società che emettono le azioni, premesso che lo fanno per raccogliere capitali da investire, possono farlo a debito e non a debito che insieme compongono il senior debt.
Le azioni a debito sono quelle vendute per ricevere un prestito e che devono essere ripagate con un interesse maturato; in alternativa si emettono le obbligazioni societarie, i corporate bond.
Le aioni a debito rientrano nel mercato obbligazionario che fa parte del mercato delle security.
Le azioni non a debito sono quelle vendute e che non creano debito perché non devono fruttare interessi ma dividono la proprietà della società e tutti i rischi che essa comporta.
Ad oggi sono titoli dematerializzati, cioè non sono più dei pezzi di carta, ma dei dati virtuali e la compravendita avviene attraverso delle piattaforme di trading online e non più di persona in borsa o via telefono.
Il processo di raccolta del denaro, durante la compravendita, viene chiamato capitalizzazione azionaria o di mercato e l’insieme di tutte le operazioni di mercato si chiama mercato azionario e rientra nel gruppo delle security il mercato:
- azionario;
- obbligazionario;
- dei derivati.
Come si quotano le azioni
La quotazione di un’azione è una conseguenza dell’importanza sul valore e sul peso economico dell’azienda.
Un altro tipo di quotazione riguarda l’andamento del mercato di riferimento in cui rientra l’azienda.
Ed è per questo che gli azionisti possessori di obbligazioni hanno un rischio finanziario maggiore perché il loro investimento è soggetto alle quotazione del mercato azionario quindi con valore mutevole nel tempo.
La valutazione è su base di un’analisi tecnica e fondamentale con i seguenti valori di riferimento per il prezzo:
- valore nominale;
- di emissione;
- atteso dall’emittente;
- atteso dai potenziali acquirenti e analisti.
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L’azienda è l’insieme di persone e mezzi che, attraverso determinate attività, mirano a raggiungere una crescita economica e finanziaria.
Gli elementi che la costituiscono sono:
- struttura e organizzazione: ogni realtà aziendale ha, al suo interno, una sua struttura organizzativa, quest’ultima ha il compito di regolare i processi interni e le funzioni, per raggiungere gli obiettivi;
- persone: imprenditore e lavoratori;
- beni economici: beni materiali e immateriali, indispensabili per i processi di produzione;
- processi produttivi: le operazioni necessarie alla realizzazione di un prodotto/servizio.
Classificazione dell’azienda
Possiamo, inoltre, classificare le aziende in relazione a diversi criteri:
- attività economica;
- fine;
- soggetto economico;
- soggetto giuridico;
- dimensione.
1. Aziende con attività economica
Le azienda che si classificano come attività economica a loro volta possono essere divise in aziende:
- di erogazione: cioè che destinano una somma per l’acquisto e il consumo di beni e servizi;
- di produzione: cioè che destinano una somma per l’acquisto e la produzione di beni e servizi;
- a composizione pubblica: è una categoria che comprende anche le due precedenti classi e vi trovano posto lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni e le Aziende Sanitarie Locali.
2. Aziende con un fine o scopo
Nel senso che hanno alla base un fine o uno scopo di crescita, di creazione e di distribuzione dei loro valori quindi possiamo determinare i seguenti gruppi:
- familiare: si basa sia su valori non economici che economici ed è di consumo, il suo risparmio viene determinato dalla differenza tra redditi di lavoro con il capitale e dai consumi con gli investimenti.
- pubblica: come fine viene creata per soddisfare i bisogni pubblici, è rivolta alla collettività coinvolgendo soggetti privati che vi operano al suo interno o che collaborano come soggetti fornitori;
- produttiva: come scopo deve produrre e distribuire ricchezza per soddisfare i bisogni umani, si possono divide in settori privati, secondari, terziari e terziari avanzati;
- no-profit: nate senza scopo di lucro anche se potrebbero solo a livello marginale inerente all’oggetto sociale o per finalità collettive;
- mutualistiche: che hanno lo scopo di reciproco beneficio.
3. Aziende in base al soggetto economico
Come soggetto economico si intende la persona, o il gruppo, con potere decisionale come ad esempio:
- gli azionisti e i soci di maggioranza;
- i lavoratori dipendenti e gli autonomi;
- i fornitori;
- gli istituti di credito e i finanziatori;
- l’erario;
- le amministrazioni finanziarie;
- i clienti;
- i concorrenti.
4. Aziende in base al soggetto giuridico
Il soggetto giuridico è inteso come colui che ha obblighi e diritti di legge come ad esempio:
- l’imprenditore tramite la sua impresa;
- le società con due o più soci che svolgono attività economica.
5. Aziende in base alla dimensione
Di norma in Italia abbiamo le piccole, le medie e le grandi (PMI) aziende che vengono valutate anche per i seguenti criteri:
- fatturato;
- numero dei dipendenti;
- bilancio;
- valore aggiunto.
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L’autofattura è un documento fiscale emesso da una partita IVA in alcuni casi per se stessa (fase attiva di vendita) o per una figura estera (fase passiva di acquisto) o in altri casi per ottemperare agli obblighi IVA su acquisti esteri.
Si tratta di una tipologia di fattura molto particolare caratterizzata dal fatto che l’obbligo di applicazione dell’IVA e dell’emissione di fattura è a carico del destinatario.
Questo documento certifica la vendita di un bene o la prestazione di un servizio quindi rientra nei documenti elettronici da inviare allo SdI.
Quando si usa l’autofattura
Per l’emissione del documento devono verificarsi le seguenti condizioni commerciali:
- omaggio: quando offri un servizio/prodotto in maniera gratuita ad un tuo cliente o a te stesso;
- autoconsumo: nel caso in cui la partita IVA utilizzi un bene acquistato per scopi personali;
- denuncia: nel caso di un mancato ricevimento della fattura entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione o nel caso di ricevimento di fattura irregolare;
- inversione contabile: o reverse charge.
1. AUTOFATTURA PER OMAGGIO
Oltre alla definizione data nell’elenco precedente il documento deve includere la denominazione di fattura e l’elenco di tutti i beni ceduti a titolo gratuito indicando anche l’importo e l’aliquota IVA.
Il totale viene abbonato nel caso sono fatture senza rivalsa dell’IVA o ridotte al solo ammontare dell’IVA nel caso che ci sia la rivalsa.
2. AUTOFATTORA PER AUTOCONSUMO
Oltre all’utilizzo da parte dell’imprenditore può essere emesso questo documento anche nel caso in cui l’azienda o l’impresa sia svuotata di tutti i beni facente parte dell’attività ma che sono utilizzati per altre finalità senza essere venduti.
3. AUTOFATTURA COME DENUNCIA
Oltre al termine dei 4 mesi dobbiamo aggiungere che questo documento permette di tenere in regola i conti secondo le disposizioni di legge e andrà consegnato all’ufficio IVA entro 30 giorni dalla sua emissione.
4. INVERSIONE CONTABILE
Questo è un caso particolare in quanto se la fattura è sotto il regime del reverse charge è indispensabile emettere l’autofattura per certificare la transazione dato che la contribuzione dell’IVA è a carico del soggetto passivo.
Questo documento si utilizza molto per la transazioni europee e internazionali perchè a secondo dei casi bisogna emettere una fattura in regime di reverse charge o autofattura.
Da qui si evince che sono due documenti complementari perchè se il fornitore estero emette una fattura in regime di reverse charge successivamente dobbiamo emettere un’autofattura che registri l’operazione da integrare all’operazione.
I codici per Tipo documenti per l’autofattura
Le autofatture si identificano con i codici tipo documenti da inserire in appositi sezionali e sono:
- TD16 – integrazione fattura reverse charge interno;
- TD17 – integrazione/autofattura per acquisto servizi dall’estero;
- TD18 – integrazione/autofattura per acquisto beni intracomunitari;
- TD19 – integrazione/autofattura per acquisto di beni ex art.17 c.2 DPR 633/72;
- TD20 – autofattura per regolarizzazione e integrazione delle fatture (ex art.6 c.8 d.lgs. 471/97 o art.46 c.5 D.L. 331/93);
- TD21 – autofattura per splafonamento;
- TD22 – estrazione beni da deposito IVA;
- TD23 – estrazione beni da deposito IVA con versamento dell’IVA;
- TD26 – cessione di beni ammortizzabili e per passaggi interni (ex art.36 DPR 633/72);
- TD27 – fattura per autoconsumo o per cessioni gratuite senza rivalsa.
1. TD16. integrazione fattura reverse charge interno
Questa tipologia di documento è molto utilizzata per l’inversione contabile ed è utile per i registri IVA e per le dichiarazione IVA precompilate.
L’articolo 17, comma 6 del Dpr n° 633/1972 prevede che il documento emesso senza l’addebito dell’IVA, con l’osservanza delle disposizioni presenti nell’articolo 21 e successivi, con l’annotazione di un’inversione contabile, con l’eventuale indicazione della norma di riferimento sia inserito nel registro (art. 23 e 24) entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro (articolo 25).
Andando in dettaglio Il TD16 ha le seguenti caratteristiche:
- è facoltativo e non obbligatorio e se utilizzata alimenterà le bozze dei registri IVA (vendite e acquisti);
- non è una fattura ma un documento fiscale che consente di comunicare allo SdI le operazioni soggetto al Reverse Charge.
Il suo utilizzo, quindi l’invio allo SdI, rende facoltativo l’esterometro.
2. TD17. integrazione/autofattura per acquisto servizi dall’estero
Questo tipo di documento si utilizza nel caso in cui una partita IVA riceva una fattura da un fornitore extra UE.
L’articolo 7-ter del Dpr n° 633/1972 dice che le prestazioni di servizi si considerano valide in territorio italiano quando vengono effettuato per soggetti passivi stabili in Italia.
Quindi la fattura emessa da un soggetto extra UE nei confronti di un partita IVA italiana non riporta l’imposta secondo l’articolo 17 comma 2 del Dpr n° 633/1972 ma deve essere assolta dalla partita IVA italiana
Ne caso in cui il soggetto sia residente in uno stato della UE allora si procederà ad una integrazione al documento ricevuto.
Il documento sarà emesso in un unico esemplare e andrà annotato sia nel registro degli acquisti che nel registro delle fatture emesse rendendo di regola neutrale l’operazione.
È facoltativa la gestione dell’autofattura come se fosse una fattura elettronica in caso di servizio ricevuto da soggetti extra-UE.
3. TD18 – integrazione/autofattura per acquisto beni intracomunitari
I documenti con il TD18 possono facoltativamente essere trasmessi allo SdI e il vantaggio dell’invio è che la partita IVA può evitare la comunicazione all’esterometro.
Nel caso di ricezione di una fattura in formato PDF via email per l’acquisto di merci da un fornitore intra UE è possibile inviarla allo SDI indicando nel campo cedente/prestatore il fornitore intra UE e nel campo cessionario/committente i propri dati a patto l’aver eseguito l’integrazione dell’aliquota e dell’imposta (ex articolo 46 Dl 331/1993) e aver registrato il documento nei registri IVA (sia vendite che acquisti).
4. TD19 – integrazione/autofattura per acquisto di beni ex art.17 c.2 DPR 633/72
Questo tipo di documento si utilizza per l’emissione delle autofatture per l’acquisto di beni da un soggetto extra UE ma con la merce già presente sul territorio italiano; quindi con deposito IVA (articolo 50-bis, comma 4, lettera c).
Il documento può essere emesso anche acquistando dei beni da soggetti non residenti ma con i beni presenti all’interno di un deposito IVA utilizzando la natura N3.6.
È possibile emettere un autofattura anche per i beni proveniente dalla Repubblica di San marino e dallo Stato della Città del Vaticano come disposto dall’articolo 17, comma 2 del DPR 633/1982.
ESEMPIO PRATICO
La situazione tipo è quando si acquisto su un e-commerce della merce che parte da un deposito italiano ma la fattura viene emessa da un soggetto extra UE.
Il soggetto extra UE emette la fattura senza IVA al suo rappresentante fiscale italiano il quale a sua volta emetterà autofattura per assolvere l’IVA in Italia.
5. TD20 – autofattura per regolarizzazione e integrazione delle fatture (ex art.6 c.8 d.lgs. 471/97 o art.46 c.5 D.L. 331/93)
Questo codice viene utilizzato nel caso in cui non si ricevono le fatture elettroniche con la conseguenza di non poter portare in detrazione l’IVA.
Questa unica condizione di utilizzo del codice TD20 evita alla partita IVA di presentare l’autofattura in via analogica all’Agenzia delle Entrate.
6. TD21 – autofattura per splafonamento
L’utilizzo di questo codice nei documenti fiscale avviene quando un esportatore abituale ha effettuato un acquisto superando il limite del plafond dichiarato.
L’autofattura inviata allo SdI è una dichiarazione aggiuntiva all’annuale dichiarata nel plafond e permette di regolarizzare il versamento dell’IVA con il modello F24 indicando i codici tributo del periodo in cui è stato effettuato l’acquisto senza applicare l’IVA.
7. TD22 – estrazione beni da deposito IVA
Questo codice serve per gestire le operazioni da deposito IVA da fornitori extra UE; quindi viene utilizzata l’autofattura come fattura d’integrazione all’estrazione del bene dal deposito IVA.
Il deposito IVA è un luogo fisico dove viene stoccata la merce d’importazione da fornitori extra UE e l’IVA viene sospesa, quindi non sono depositi utilizzabili per la vendita al dettaglio (TD19) ma si tratta di depositi per merce che un domani potrebbe essere venduta in Italia.
La merce, dal deposito IVA, è regolamentata dall’articolo 50-bis, comma 6 Dl 331/1993 e può avvenire solo da soggetti passivi d’imposta che dovranno successivamente regolarizzare il versamento dell’IVA.
Il soggetto procede a integrare la fattura in reverse charge in caso di fornitore intracomunitario o a emettere autofattura in caso di acquisto extra-Ue
8. TD23 – estrazione beni da deposito IVA con versamento dell’IVA
Questo tipo di documento si comporta come il TD22 solo che l’IVA viene versata dal gestore del deposito per conto del contribuente entro il 16 del mese successivo.
Quindi si utilizza il TD23 per movimentazioni veloci dei depositi IVA.
9. TD26 – cessione di beni ammortizzabili e per passaggi interni (ex art.36 DPR 633/72)
Il codice è utilizzato per le fatture che non concorrono al volume d’affari (cessione di beni iscritti nel libro dei cespiti) del contribuente.
Viene utilizzato anche per passaggi interni soggetti al regime del margine per beni usati; il cedente e cessionario coincidono e i relativi campi nella fattura elettronica devono essere compilati uguali.
10. TD27 – fattura per autoconsumo o per cessioni gratuite senza rivalsa
Il codice TD27 può essere utilizzato per le cessioni di beni e prestazioni in modo gratuito e nel caso in cui i beni comprati dalla partita IVA siano destinati all’uso personale, familiare o ad altre attività estranee all’attività della partita IVA.
L’autofattura viene registrata tra quelle emesse e i campi cedente e prestatore riportano i dati della partita IVA che effettua l’acquisto.
Si dovrà utilizzare la numerazione progressiva delle fatture emesse del soggetto medesimo e nel caso di cessioni gratuite con rivalsa dell’IVA, il tipo documento da utilizzare è il TD01 o il TD24 nel caso di fattura differita e non il TD27.
Come emetterla
Compilare un’autofattura è semplice come crearne una standard, sono quindi necessari:
- Un template;
- I dati del mittente/destinatario;
- un software di fatturazione – che ti consente di facilitare la creazione di template, contatto in rubrica, etc.
Una volta impostati questi dati/strumenti, è necessario inserire il numero del documento (che per normativa deve essere progressivo alla precedente fattura), le prestazioni o i prodotti, con relativa quantità e aliquota iva.
Ultimo dato importante da tenere a mente è la dicitura “Autofattura” che deve essere inserita all’interno del documento. Nel caso che utilizzassi un software di fatturazione ti basta modificare il modello fattura utilizzato per l’emissione di fattura verso terzi e creare una copia del template con la dicitura Autofattura.
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